ARISTOTILE LA RIBATTEZZO': alcuni storici locali danno per certo che quella mitica città di Enorea descritta da Aristotile altro non è che Volterra
Aristotile la ribattezzò. Anche se le varie ipotesi della fondazione dividono gli storici locali, alcuni danno per certo che quella mitica città di Enorea descritta da Aristotile altro non è che la nostra Volterra la quale, nei suoi millenni di storia (e di leggenda) ha cambiato nome un'infinità di volte, senza comunque riuscire a confondere gli storici.
Sul primitivo toponimo della città è però di nuovo disputa aperta. Il Giovannelli apre le ostilità affermando che primieramente si chiamò Vuldirra, da un intraducibile vocabolo ebraico. Ma nei suoi commentari urbani, il pio e dotto Raffaello Maffei così controbatte: "contra piratorum violentiam indigenae Volaterras erexerunt, qui novo Tirrenorum adventu, politiorique vitae genere invitati, cum iis in unum veluti cirpus coaluere, atque in Civitatem suam ultro ad miserunt; ut iure Vola Tirrenorum dici potuerit, idest Urbs; prisca enim Tuscorum lingua Volam dixere Urbem, non qua ab ispis condita, sed quia reformata, et in meliorem statum redacta videretur".
Insomma, nella lingua dei Lidi Vola significava Città; facilmente ne consegue che la città dei Tirreni non poteva chiamarsi altrimenti che Vola Tirrenorum, e da qui al latino Volaterrae Volaterrarum il passo è davvero breve.
Per non essere da meno, il frate agostiniano cita addirittura Annio, secondo il quale: "Ella fu di mandata Volterra da Ater, che significa in lingua Scitica una larga piazza avanti la casa. La onde essendo questa città com'un'atrio, e una larga piazza, nella quale nati per esser argomento ch'ei Volterrani siano chiamati li Toschi Atriani".
E per rincarar la dose scomoda, anche Varrone per affermare che fu Volterra la prima inventrice degli atri o dei piazzali davanti alle abitazioni. E rammentando gli altri nomi di Ottonia (in onore dell'imperatore Ottone primo di Sassonia che fu a Volterra il 2 giugno del 967), Antona o Antonia, e perfino Voltona, concludiamo le peripezie toponomastiche volterrane con i versi di Fazio degli Uberti:
Appresso questo trovammo Volterra
Sopra un gran monte, ch'è forte ed antica,
Quanto in Toscana alcuna altra terra.
Fu detta Antonia, per quanto si dica,
Indi fu Buovo, che per Drusiana
Di là dal mar durò tanta fatica.
Leggendo le terzine dell'esule ghibellin pisano, è d'obbligo aggiungere che la fantasia popolare ha sempre ritenuto che Buovo o Bovo d'Antona, celebrato eroe dei Reali di Francia, fosse nativo di Volterra con buona pace dell'indomito cavalier Beuve d'Hanstone, cantato nel celeberrimo poema d'Oltralpe e accreditato in Itaia da Andrea da Barberino.
Contenuti trascritti dal libro “Volterra Magica e Misteriosa” di Franco Porretti, anno 2001 Pacini editore. Ringraziamo Brunello Porretti per la gentile concessione.